Queste sono le rampe che salivo ognivolta che mi recavo "alla gogna".
Una sensazione di batticuore incredibile mi prendeva, sia per il numero dei gradini sia per l'ansia da prestazione. Ma si può avere nostalgia dell'Università? A me sta capitando proprio in questo periodo, dopo che in posta centrale ho ceduto il posto alla mia professoressa di diritto del lavoro che aveva lasciato in sospeso un'operazione allo sportello per recuperare alcune marche da bollo.
In tutte le stagioni dell'anno, arrivavo prestissimo a Trieste, con il treno del primo mattino e ripassavo mentalmente tutte le nozioni, gli articoli e i codicilli. Un giorno di questi, dovevo dare una materia che tenevo sotto da mesi e sale sul mio vagone una ragazza tutta agitata. A un certo punto, tra una telefonata e l'altra si accorge che ha sbagliato treno e vuole tirare la leva d'emergenza per scendere. "Uè, non facciamo cazzate eh?" le dico. A momenti inizia una colluttazione alla Steven Seagal, mentre una cinquantina di pendolari sono già pronti con una carabina di precisione in mano che spunta dai sedili per fare fuoco su di lei e qualcuno la accompagna allo sportello. Non so che fine abbia fatto, ma dev'essere stata molto silenziosa ...
Giunto in città, a volte mi beccavo la bora - piacevolissimo vento che soffia a 120 km orari sollevandoti leggiadro per aria e cotringendoti ad afferrare il primo sostegno che trovi per strada per non trovarti in Slovenia - a volte affondavo i piedi nella neve tipo falde del Kilimangiaro e altre volte mi sembrava di essere coperto dalle alghe dimagranti di Wanna Marchi per via del caldo che rendeva la città una specie di termosifone.
Finite le rampe, ci si piazzava lungo il corridoio color crema a guardare il volto degli altri studenti, alcuni completamente spariti sotto cinque volumi per il ripassone finale, altri pendolari dal cesso alle panchine di legno per incontinenza da adrenalina.
Alcune facce umane non erano nemmeno più umane; avevano preso la forma quadrangolare del mattone da 900 pagine. Ti sentivi chiamare da qualcuno, ma in realtà capivi che la sua bocca stava solo recitando l'articolo 1158 sull'usucapione, mentre i suoi occhi erano persi nel vuoto e nessuna tecnica di sbracciamento poteva richiamarlo dal coma giuridico nel quale era precipitato!
Di punto in bianco ci si toccava tutti insieme, come in una coreografia di Sergio Japino. "Il libretto!" "Cazzo non l'avrò mica lasciato a casa, no?". Apertura sincronizzata di zaini e sospiro di sollievo unanime come se fossimo nello spot della Ricola.
Arrivavano come chicchi di grandine i membri della commissione e i commenti erano suppergiù:
"E' lui, l'assistente! Mi sa che oggi è incazzato nero! Ci spara fuori tutti quanti!" "Chissà se cominciano dalla A, dalla Z o dalla M. Se chiamano prima quelli del vecchio o nuovo ordinamento, se ne fanno metà o tre quarti o uno o due ...". Discorsi che non facevano che aumentare il rischio di una sincope.
Per principio, preparavo sempre tutto il programma ad ogni esame. "Per principio" nel senso che per il principio che la sfiga non è acqua temevo mi chiedessero proprio quello che non avevo studiato perciò non battevo ciglio e mi sciroppavo perfino le note leggibili solo con la lente di ingrandimento. Quando la torma dei ragazzi cominciava a muoversi significava che avevano aperto le porte della sala delle torture. Poteva essere l'aula Venezian, con i banconi lunghi e in semicerchio come in un anfiteatro, o la Bachelet con le sue sedie ben allineate e il soppalco dove stavano i professori oppure poteva essere una delle tante aule sparse sui tre piani.
Dopo l'appello, cominciava l'attesa - quella vera - di essere messo sotto il torchio. "Cosa gli ha chiesto?" "Oddio questo non me lo ricordo!" "Io accetto qualsiasi voto" "Speriamo di capitare con lui o con lei, mi sembrano più tranquilli" "Sta per buttarlo fuori, questo non sa niente" "Quanti ne hanno fatti finora?" ...
Quando stava per giungere il turno, i lfiato diventava ancora più corto. Speravi che chi ti aveva preceduto non avesse fatto una grandissima interrogazione per non sfigurare troppo, ma ai professori questo non interessava quasi mai. Senti chiamare il tuo nome e una noce di sensazioni indescrivibili con una parola sola ti prendono per mano fino a condurti sulla sedia, a tu per tu con gli insegnanti. E la tensione si faceva padrona di te, per poi sciogliersi qualche attimo dopo se tutto procedeva per il meglio. "Un'ultima domanda e poi la lascio andare" era l'espressione più soave che si potesse sentire durante tutta la giornata. E quando sentivi "basta così" e tra loro si scambiavano un cenno d'assenso con il capo scrivendo su un biglietto il voto da concordare, l'anima si sentiva leggera come una piuma e limpida come l'acqua. E già sapevi che le ore successive sarebbero state ore di gioia e di condivisione con gli altri.
Spesso arrossivo per la timidezza nell'attesa di firmare la liberatoria e di riavere indietro il mio libretto con una tacca in più sulla spada per l'ultima battaglia superata, ma quando il voto era particolarmente alto e la materia piuttosto dura da affrontare, alla fine mi dicevo: "benvenuto in paradiso!". E scendevo quelle scale in fretta, quasi con la paura che cambiassero idea per tornare fuori sul piazzale ad ammirare il porto, tagliato dalla statua di Minerva.
Io ho amato molto i miei anni di Università. Innanzitutto perchè studiare mi è sempre piaciuto e lì potevo dedicarmi a ciò che veramente mi interessava: ho dato tanti di quegli esami di Storia e di Letteratura, che ho perso il conto!
RispondiEliminaE poi, per chi ama la Storia, anche il fatto di stare nell'università più antica del mondo riveste un suo non trascurabile peso.
Anche a me piaceva molto studiare.
RispondiEliminaLo trovavo molto più rassicurante del momento in cui si tratta di mettere in pratica l'apprendimento in campo lavorativo. Avevo ovviamente i miei rituali: cinque caffè al giorno, la divisione delle pagine da fare in più fascette, la camminata per ripetere le nozioni a voce alta.
Però talvolta me lo imponevo e in quei momenti era particolarmente faticoso ed estenuante, specie certe mattine quando ti prende un senso di nausea e vorresti fare tutt'altro. Perciò ho dei sentimenti contrastanti verso questa esperienza, nel senso che è stata anche molto dura, più di quanto mi aspettassi quando ero ancora al Liceo e pensavo al dopo.
P.S. Tu Lady preferivi il periodo degli studi a quello attuale, se posso chiedertelo?