Scampato finalmente alle grinfie della schizofrenica Sheila Carter che ormai faceva pingepong tra Febbre d'Amore e Beautiful, il valido e bellissimo Peter Barton chiude con le fabbriche di saponette nel 1994, si fa uccidere in un lussuoso albergo sull'isola di Catalina (Los Angeles) in un complicato cross over a Beautiful, mentre Lauren Fenmore e Sheila Carter si strappano al solito i capelli senza pietà, pure di fronte ad un essere in stato comatoso che chiede aiuto prima di spirare e si spoglia definitivamente del camice del dottor Scott Grainger.
L'elisoccorso ne preleverà la salma nella suite, sotto agli occhi lacrimosi delle due rivali e del rincoglionito Eric Forrester che, come al solito, non capisce una cippa di ciò che ralmente succede. I segreti di Sheila Carter scompariranno, con lui, tra le nuvole californiane sorvolando le prugne e con la promessa strappata a Lauren in punto di morte di non dir nulla ad Eric.
Dato un calcio ai coniugi Bell (i due matti che hanno ideato sia l'una che l'altra produzione) Peter Barton firma, poi, un contratto con la CBS per avere uno show tutto suo. Oddio, non proprio tutto: diciamo metà. A braccetto, l'accompagna infatti Eugene Barry nel ruolo del papà milionario, capitano della polizia di Beverly Hills. Il crimine, da noi, verrà perpetrato su Rete4 ogni sabato pomeriggio. Siamo a metà anni '90, perciò le indagini sono ormai già insabbiate da parecchio.
Beverly Hills, milioni di dollari, CBS: ovvero Aaron Spelling ne ha fatta un'altra delle sue. E' l'epoca d'oro, per lui: Melrose Place e Beverly Hills 90210 sono scoppiati in tutta la loro assurdità (sono lontani i tempi delle Charlie's Angels).
Una trentina d'episodi in tutto, a proseguio della serie targata anni '60 chiamata anch'essa Burke's Law dove il papà giocava da solo a fare le indagini, in bianco e nero.
Le guest non si risparmiano: da Morgan Fairchild a Marcia Cross, da Thomas Calabro a Hunter Tylo, da Erik Estrada a Pat Morita. Ce n'è per tutti i gusti, in questa produzione che fa il verso a Perry Mason anni '90 e alle nuove colombate di Peter Falk.
Gli omicidi sulle colline losangeline? Come scoregge in mutande di seta. Tutto è glamour, è fashion e puzzetta sotto al naso e, purtroppo, la trama ne patisce. Perciò Peter Barton (alias Peter Burke) più che essere un efficace investigatore è spesso solo muscoli e seduzione e diviene oggetto della lussuria femminile di qualsiasi indagata, mentre il padre bazzica ancora le tardone, spostandosi con Rolls Royce ed autista (Danny Kamekona, forse parente alla lontana di Pat Morita, il maestro di The Karate Kid, vista l'influenza asiatica che gira in America!)
Il delitto sembra quasi fuori quadro in questo panorama, ma è il vizio sotteranneo che sbuca come una talpa dal tappeto persiano delle ville padronali, dall'appariscenza dei contesti e dalla artificiosità paradisiaca di cui si attorniano i ricchi.
Quant'è cambiato il modo di concepire il giallo classico, negli ultimi decenni? Molto, da che è stato sdoganato negli States, importandolo dalla madrepatria inglese. Eppure, anche un Poirot o una Miss Marple, sebbene in contesti più tipici (il Nilo, i Caraibi, la fumosa Londra) si muovono tra persone solitamente abbienti. Che il crimine accompagnato dall'indagine sia prerogativa da ricchi?
Dato un calcio ai coniugi Bell (i due matti che hanno ideato sia l'una che l'altra produzione) Peter Barton firma, poi, un contratto con la CBS per avere uno show tutto suo. Oddio, non proprio tutto: diciamo metà. A braccetto, l'accompagna infatti Eugene Barry nel ruolo del papà milionario, capitano della polizia di Beverly Hills. Il crimine, da noi, verrà perpetrato su Rete4 ogni sabato pomeriggio. Siamo a metà anni '90, perciò le indagini sono ormai già insabbiate da parecchio.
Beverly Hills, milioni di dollari, CBS: ovvero Aaron Spelling ne ha fatta un'altra delle sue. E' l'epoca d'oro, per lui: Melrose Place e Beverly Hills 90210 sono scoppiati in tutta la loro assurdità (sono lontani i tempi delle Charlie's Angels).
Una trentina d'episodi in tutto, a proseguio della serie targata anni '60 chiamata anch'essa Burke's Law dove il papà giocava da solo a fare le indagini, in bianco e nero.
Le guest non si risparmiano: da Morgan Fairchild a Marcia Cross, da Thomas Calabro a Hunter Tylo, da Erik Estrada a Pat Morita. Ce n'è per tutti i gusti, in questa produzione che fa il verso a Perry Mason anni '90 e alle nuove colombate di Peter Falk.
Gli omicidi sulle colline losangeline? Come scoregge in mutande di seta. Tutto è glamour, è fashion e puzzetta sotto al naso e, purtroppo, la trama ne patisce. Perciò Peter Barton (alias Peter Burke) più che essere un efficace investigatore è spesso solo muscoli e seduzione e diviene oggetto della lussuria femminile di qualsiasi indagata, mentre il padre bazzica ancora le tardone, spostandosi con Rolls Royce ed autista (Danny Kamekona, forse parente alla lontana di Pat Morita, il maestro di The Karate Kid, vista l'influenza asiatica che gira in America!)
Il delitto sembra quasi fuori quadro in questo panorama, ma è il vizio sotteranneo che sbuca come una talpa dal tappeto persiano delle ville padronali, dall'appariscenza dei contesti e dalla artificiosità paradisiaca di cui si attorniano i ricchi.
Quant'è cambiato il modo di concepire il giallo classico, negli ultimi decenni? Molto, da che è stato sdoganato negli States, importandolo dalla madrepatria inglese. Eppure, anche un Poirot o una Miss Marple, sebbene in contesti più tipici (il Nilo, i Caraibi, la fumosa Londra) si muovono tra persone solitamente abbienti. Che il crimine accompagnato dall'indagine sia prerogativa da ricchi?
Ecco cosa mi è sempre mancato per darmi al crimine: i SOLDI !!!
RispondiEliminaBè ladyjack, se ti può consolare potresti sempre eliminare chi li ha! Rido!
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